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Associazione politico culturale
Oltre l’Occidente
Per una alternativa allo sviluppo
P.zza A. Paleario 7
03100, Frosinone
ccp 10687036

INTRODUZIONE E MOTIVO DEL PROGETTO

"BOTTEGA TERZO MONDO"

Via del Plebiscito 32, 03100 Frosinone, t. 0775-853516

 

            Perché un'attenzione particolare al Sud del mondo

I rapporto dell'ONU sullo sviluppo umano hanno illustrato con chiarezza il baratro che divide il Nord e il Sud del mondo. Se nel 1960 il 20% più ricco della popolazione mondiale aveva un reddito 30 volte superiore a quello del 20% più povero, oggi la differenza a favore del 20% più ricco è salita a 60 volte.

Le barriere tariffarie e non mettono fuori mercato molte industrie nei paesi in via di sviluppo (PVS): queste misure tariffarie vengono applicate principalmente su quei prodotti a forte impiego di manodopera - tessili, abbigliamento, calzature - in cui PVS sono maggiormente concorrenziali. Gli stessi meccanismi - la tariffa aumenta in proporzione al livello di lavorazione del prodotto - inducono molti PVS a non trasformare le materie prime e dunque, ad esportare il cacao piuttosto che il cioccolato, la iuta piuttosto del tappeto. Continuando tale situazione di disparità i PVS perdono ogni anno 500 miliardi di dollari in occasioni di mercato, cioè 10 volte quello che ricevono in aiuti.

Come uscire da questa situazione? Intanto lanciando un segnale, una testimonianza per ora piccola, ma certamente intensa. Forse una delle alternative praticabili è quella di creare rapporti commerciali e culturali paritari con i produttori, artigiani e contadini del Sud del mondo, e far comprendere al consumatore europeo che una parte non trascurabile del suo benessere è fondata su rapporti economici profondamente ingiusti e sullo sfruttamento dei 3/4 dell'umanità.

 

            Il commercio equo e solidale

Cultura, dignità, giustizia, artigianato, qualità, autonomia, arte, autosviluppo, fantasia: questo è il mondo che vogliamo aiutare a crescere. Un mondo comune che abbia le sue radici nella scelta del sostegno ai produttori, affinché creino il loro futuro con le loro mani di agricoltori, di artigiani, reagendo alle iniquità, allo sfruttamento. Rivalutando e salvaguardando  il proprio patrimonio, il proprio sapere e la capacità di programmare un futuro. Costruendo insieme nuove forme di cooperazione basato sul rispetto delle reciproche storie ed esperienze.

Avvicinarsi a questo commercio è un modo per approfondire i grandi problemi delle disuguaglianze Nord-Sud, del commercio internazionale e delle scelte politiche planetarie, partendo dalle storie di contadini e artigiani che subiscono piccoli e grandi soprusi.

Ma avverte Alberto Castagnola, ricercatore dell'Istituto di Studi per la Programmazione Economica: «La situazione nel 2005 peggiorerà in misura oggi non a tutti ben chiara: la popolazione del sud aumenterà di quasi 100 milioni di persone ogni anno; di questi 87% andrà ad insediarsi negli agglomerati urbani. Le stime dell'ONU indicano in 900 milioni i posti di lavoro che dovrebbero essere creati nel Sud nei prossimi 10-15 anni. Alla fine di questo periodo saranno quasi 1 miliardo le persone ancora sotto la soglia della povertà assoluta. In un tale quadro, il commercio equo e solidale ha un senso, solo se garantisce degli sbocchi, cioè se permette alle popolazioni locali di vendere i loro prodotti in misura tale da garantire un effettivo miglioramento della loro vita. Dunque è necessario commisurare il nostro impegno in termini di risultati concreti da loro raggiunti».

 

            Che cos'è una centrale d’importazione

La centrale importa prodotti alimentari ed artigianiali/artistici dai paesi dell'emisfero sud del mondo, garantendo dei prezzi equi ai produttori, stimolando processi di sviluppo nei paesi produttori, creando posti di lavoro nei luoghi di origine, promuovendo un processo di produzione adatto alle condizioni locali, salvaguardando energie e materie non rinnovabili.

 

Perchè acquistare un prodotto del commercio equo e solidale

I prodotti artigianali importati dalla centrale d’importazione sono frutto delle tradizionali tecniche di lavorazione locali e fabbricati con materie prime rinnovabili e disponibili in loco. Una fonte di libertà, sia per i produttori, da sostenere nelle loro rivendicazioni di giustizia, sia per il consumatore che si può appropriare tramite l'atto della spesa di storie "pulite", di equità e di dialogo, senza partecipare allo sfruttamento di uomini e donne remunerati con salari da fame o alla distruzione dell'ambiente.

La centrale d’importazione garantisce su richiesta dei produttori il pagamento anticipato di circa il 50% dei prodotti. Un tale accorgimento evita che i produttori, per poter acquistare sementi, utensili, pellami e altro, si indebitino con gli speculatori locali.

 

            I prodotti e i prezzi

I prodotti alimentari hanno un posto rilevante (caffè, cacao, the, zucchero, spezie, noci, miele, quinua, karkadè, fette di banane essiccate, cammomilla, cioccolata), basti pensare che rappresentano oltre la metà del fatturato della centrrale d’importazione e che il caffè è il prodotto più venduto in assoluto e quello che dà maggiori ricavi. Il contadino produttore, con il commercio equo e solidale, riceve circa il doppio che dal mercato tradizionale (il cui prezzo è stabilito dalle borse mondiali).

I prodotti artigianali sono circa 2000. Il loro prezzo è fissato dagli artigiani stessi in base al costo del lavoro.

Continua sempre Alberto Castagnola: «Con le biotecnologie si stanno studiando dei prodotti che sono mille volte più dolci dello zucchero a parità di peso; appena entreranno nel mercato, Pepsi-Cola e Coca-Cola saranno felicissimi perchè potranno dolcificare le loro bevande con un quantitativo molto ridotto. Di conseguenza ci saranno decine di milioni di posti di lavoro perduti nel Terzo mondo perchè quel prodotto non sarà più necessario.

Questo fa già capire che tipo di collegamenti pesanti ci sono tra i  meccanismi che hanno specializzato questi paesi e il resto del problema del sottosviluppo. C'è un altro discorso, più economico: storicamente si è visto che il valore di queste materie prime tende ad abbassarsi, nel senso che i prezzi che vengono pagati per queste materie prime sono sempre più bassi. I prezzi che vengono pagati da questi paesi sottosviluppati per acquistare i nostri prodotti industriali, quindi le automobili, i trattori etc., tendono invece  ad alzarsi. Questa tendenza non è una tendenza di mercato. Se uno ha una posizione liberista è il mercato che determina questi livelli.

La mia posizione non è questa: la mia sensazione è che invece questa tendenza dipende dal meccanismo di controllo su questi paesi, poichè per ognuna delle materie prime c'è la possibilità di controllare il prezzo internazionale da parte di un numero molto ristretto di imprese internazionali. Dall'altra parte le grandi imprese italiane, francesi, tedesche etc. che esportano questi prodotti industriali, sono in grado di imporre un certo prezzo. Quindi in pratica c'è questo meccanismo di andamento diverso che viene chiamato  i termini di scambio e che vede i  rapporti di scambio tendenti al peggioramento. Negli ultimi 10 anni, cioè negli anni '80 - questi sono dati ufficiali dell'ONU - il prezzo delle materie prime complessivamente è diminuito del 40%; il caffè è diminuito del 50%».

 

 

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